L’art. 110 del dl 104/2020 (Decreto Agosto) ha riproposto il regime di rivalutazione dei beni d’impresa. Com’è ormai noto la rivalutazione destinata a soggetti che non applicano i principi internazionali IAS/IFRS prevede due distinte modalità.
Rivalutazione civilistica (a costo zero):
- Ai soli fini civilistici, l’operazione è gratuita, quindi nessuna imposta. I nuovi valori non rilevano fiscalmente per plusvalenze o minusvalenze, ammortamenti e manutenzioni. La corrispondente Riserva è liberamente utilizzabile per coprire le perdite ma se è distribuita costituisce dividendo per i soci, mentre non è tassabile in capo alla società.
Rivalutazione fiscale (con pagamento di imposta sostitutiva):
- Il maggior valore è riconosciuto a fini fiscali. La rivalutazione si perfeziona attraverso il versamento di un’imposta sostitutiva (3%) per i singoli beni rivalutati. Tale importo potrà essere corrisposto in tre rate annuali di pari importo senza pagamento di interessi.
- Il maggior valore attribuito ai beni costituisce una “riserva in sospensione di imposta” tassato, ai sensi dell’art. 13, legge n. 342/2000, in caso di distribuzione ai soci.
Volendo circoscrivere l’ambito, si considera unicamente la rivalutazione con effetto fiscale, con l’ intento di evidenziarne alcuni aspetti.
La rivalutazione fiscale ha effetto dal 2021 per la deduzione degli ammortamenti, mentre ai fini della plusvalenza derivante da cessione il valore verrà riconosciuto a decorrere dal 1.1.2024.
Per le imprese a contabilità ordinaria, è consentito affrancare la riserva versando un’imposta sostitutiva indeducibile pari al 10%. Una volta affrancate le riserve confluiranno tra le riserve di utili, che in caso di distribuzione saranno assoggettate alla tassazione ordinaria dei dividendi, per le società di capitali o non saranno sottoposte a ulteriore tassazione per le società di persone.
Per i soggetti in contabilità semplificata non si applicano le norme che disciplinano il saldo attivo di rivalutazione ed è esclusa ogni forma di tassazione in caso di distribuzione della riserva. E ciò costituisce una disparità di trattamento all’interno di una categoria di soggetti che, al di là di poco significative varianti, soggiacciono alle medesime regole di tassazione IRPEF.
Ma che succede in caso di dimissione dei beni oggetto di rivalutazione fiscale prima del 1° gennaio 2024?
Gli effetti della rivalutazione dei beni vengono meno e per la determinazione della plusvalenza si assume il costo del bene prima della rivalutazione. Alla società di capitali o ai soci di società di persone viene riconosciuto un credito d’imposta pari all’ammontare dell’imposta sostitutiva pagata per la rivalutazione dei beni. L’ammontare dell’imposta sostitutiva pagata incrementa il saldo attivo di rivalutazione.
Contestualmente, si considera “libera” la parte della riserva di rivalutazione in sospensione riferibile ai beni oggetto di cessione. Nel casi ipotizzato pertanto l’annullamento degli effetti fiscali della rivalutazione riporta ad una situazione ex ante, in perfetto equilibrio fiscale.
Tuttavia ciò non succede per la riserva affrancata, neppure per la quota presente in bilancio al momento della cessione. Il versamento del 10% dell’imposta sostitutiva è permanente e nessun recupero è previsto in caso di cessione anticipata dei beni. Ciò comporta di valutare attentamente la reale possibilità di mantenere i beni all’interno della società fino al momento in cui il valore fiscale viene riconosciuto. La valutazione di convenienza potrà essere calibrata, definendo anche la quota di riserva in sospensione che si intende affrancare. E’ evidente che il vantaggio fiscale della rivalutazione varia notevolmente in base al tipo di soggetto coinvolto. Qui di seguito una tabella di raffronto nell’ipotesi di affrancamento totale della riserva in sospensione da rivalutazione e di integrale distribuzione del dividendo derivante dalla vendita del bene.